Risveglio di Mark

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    Narrato
    "Parlato"
    "Pensato"


    Mark riaprì gli occhi. Sotto di lui, il freddo ed umido asfalto gli premeva contro la guancia, trasmettendogli una sgradevole sensazione. Il dannato vento gelido che continuava a soffiargli sulle parti del corpo non coperte dai vestiti era insopportabile. "Ma che è successo?" pensò frastornato il ragazzo mentre si alzava con l'ausilio delle braccia, ancora un po' intorpidite dal sonno. "Che fine ha fatto Giovanni? Era lui che doveva accompagnarmi a casa..." continuò, troppo occupato a scrollarsi la polvere di dosso per notare i dintorni. "Se metto le mai su quell'idiota giuro che..." il pensiero gli si fermò a metà quando finalmente alzò lo sguardo ed osservò il paesaggio attorno a sé. La sottile quanto persistente nebbia non gli impediva di vedere il grande cancello dal colore scuro di fronte a sé e, soprattutto, l'edificio che torreggiava subito dietro di esso. Dall'esterno non era possibile capire a cosa fosse adibito il palazzo, ma dalle dimensioni doveva essere una specie di struttura pubblica. Il freddo e l'umidità di quel luogo stavano cominciando a penetrare nella carne e nelle ossa del ragazzo, facendogli stringere le braccia e battere un po' i denti. D'istinto guardò su ed il cielo completamente coperto da nuvole grigie gli trasmise una stranissima quanto fastidiosa sensazione di malinconia e solitudine. Il ragazzo si guardò ancora intorno, in cerca di indizi che potessero suggerirgli in che luogo maledetto si trovasse. Nulla gli era familiare, né l'edificio, né i dintorni e si lasciò sfuggire sottovoce: "Ma come diavolo ci sono arrivato qui? Non ho mai visto prima questo posto e non ho idea di come tornare a casa adesso...". Guardò di nuovo l'edificio per bene; il freddo si faceva sentire sempre di più. "Magari li dentro qualcuno saprà darmi delle indicazioni" pensò sconsolato.
     
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    Un alito di vento spinge un'anta del cancello, che cigola aprendosi. Noti che su una delle due colonne che lo adornano, c'è una targa, che, un tempo, doveva essere d'ottone lucente. Non distingui bene le scritte che reca, ma, probabilmente, avvicinandoti potresti riuscire a leggerla.
    Ti accorgi, inoltre, che non è l'unica targa nelle vicinanze: sui muretti resi ancora più candidi dalla nebbia, ci sono numerose targhette, con incisioni diverse...
    Il vento che ti investe somiglia quasi ad un sospiro, ad un lamento tanto struggente da stringere il cuore.
     
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  3. IDSeeker
     
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    Per fortuna il cancello non era chiuso: infatti bastò una folata di vento un po' più forte delle altre per aprirne un'anta e liberare l'accesso al fantomatico edificio. Il sinistro cigolio che produsse non disturbò Mark, che al momento era troppo intento a capire cosa diavolo gli fosse successo. Ricordava solo di aver chiuso gli occhi un attimo al bar, circondato dai suoi amici ed ora era lì, in quella specie di buco dimenticato da Dio. Che fosse un scherzo dei suoi amici? "Bello scherzo del cazzo..." pensò, cercando di dare una spiegazione a tutta la faccenda. "... Mi sarei potuto prendere un malanno sdraiato lì al freddo" pensava mentre si metteva le mani in tasca e faceva i suoi primi passi in direzione del palazzo. Dopo poco, però, notò che su una delle colonne che sorreggevano il cancello vi era affissa una targa: probabilmente il nome e la funzione della costruzione in cui voleva entrare. Deviò di qualche passo dalla sua traiettoria per leggerla meglio. "Se viene fuori che è uno scherzo spacco la faccia a qualcuno, giuro" pensò infine prima di avvicinarsi abbastanza da leggere la vecchia scritta. Con la coda dell'occhio, però, notò qualcos'altro oltre il cancello che si accingeva a varcare; una cosa che lo distrasse completamente dalla targa che aveva appena raggiunto. Una serie di muretti che continuava oltre la linea visiva che la nebbia gli concedeva e su ognuno di essi si stagliava una lunga fila di targhette simili a quella davanti a lui. C'era qualcosa di sbagliato in quell'immagine, che quasi ipnotizzò il ragazzo. Non qualcosa di pericoloso o da cui fuggire subito, solo sbagliato; quel genere di "sbagliato" che fa sentire a disagio il semplice trovarsi nelle sue vicinanze. Normalmente avrebbe pensato una cosa tipo: "Cos'è? Hanno i parcheggi privati anche per le bici?"; ma in quel momento non riuscì a pensare a nulla. Un'altra folata di vento avvolse Mark, ora immobile, come osservato da un feroce predatore in attesa di una reazione da parte della sua vittima. Il lamento di quell'ultima folata strinse il cuore del ragazzo, come se avesse appena udito una richiesta di aiuto. Lentamente, come se non avesse visto nulla, ma con un grosso peso in più sull'anima, voltò lo sguardo e cominciò a leggere a bassa voce la targhetta di fronte a lui.

    Ho dovuto riscrivere il post perché la prima volta avevo letto male e invece dei muretti con le targhette in ordine avevo immaginato una specie di muro pieno di targhette messe a caso che continuava fino a perdersi nella nebbia (piuttosto inquietante, eh? XD)
     
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    "St Mary Private Institute".
    Questo riporta la targa principale, quella su cui ora stai posando gli occhi. Ora sai di che edificio si tratta.
    All'interno di quello che ora sai essere il cortile della scuola, oltre il cancello, riesci a scorgere delle sagome con lo stesso chiarore delle colonne, ma il resto è ancora celato alla tua vista dalla distanza e dalla foschia.
    Poi, noti qualcosa che non avevi visto prima: davanti alla prima fila di targhette, sembra essere comparsa la figura di qualcuno. Sembra una persona, in piedi, immobile, che tiene la testa bassa.
    La cattiva sensazione non cessa a lasciarti, anzi, sembra entrarti sempre di più nelle ossa, portandoti a pensare che, presto, succederà qualcosa di terribile.


    Molto, ci stava anche XD
     
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  5. IDSeeker
     
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    "Quindi questa dovrebbe essere una scuola..." continuò tra sé e sé dopo aver pronunciato il nome dell'istituto. "D'accordo" pensò "Se questa è una scuola allora al suo interno ci sarà sicuramente del personale...". Alzò nuovamente lo sguardo verso il cielo, constatando che la luce era troppa perché fosse già notte; quindi doveva per forza esserci qualcuno all'interno a fare qualche fotocopia o qualcosa del genere. La mancanza di orologi stava diventando piuttosto frustrante. La sera prima, ricordò, era stato costretto a lasciare il cellulare a casa per farlo ricaricare, quindi, oltre a non poter chiamare nessuno, non aveva nemmeno modo di sapere che ore fossero, dato che non portava orologi. "È proprio vero che quando ti serve un cellulare non ne trovi uno neanche se piangi in turco..." pensò sconsolato. Fu abbassando lo sguardo verso l'interno del perimetro scolastico che notò la nuova figura che stava in piedi, immobile, di fronte alla lunga fila di targhette poste sui muretti nel cortile della scuola. L'apparire improvviso di quella persona ad una distanza neanche poi tanto elevata fece ritrarre un attimo Mark, facendogli anche emettere un leggero "Opporca...!". Riprese il controllo di sé appena in tempo per non finire l'imprecazione che gli era sfuggita. Lo guardò meglio, ma l'unica cosa che riusciva a cogliere di quel nuovo ospite era la sua testa perennemente abbassata, impossibile da vedere da quella posizione. "Cosa starà facendo; sembra che stia pregando o qualcosa del genere" pensò dubbioso e facendo dei movimenti del busto per cercare di vederlo meglio. Fece un passo in avanti, quando un'orribile sensazione investì il ragazzo, come un treno in corsa a velocità supersonica. Ogni fibra del suo corpo ora gli stava suggerendo di scappare a gambe levate; ma la mente, testarda come suo solito, gli impediva di farlo: forse quell'uomo poteva dare delle indicazioni su dove fosse situata quella scuola e magari, e questo sarebbe stato il massimo a cui potevano aspirare le speranze di Mark, addirittura dove trovare un autobus che lo riportasse a casa. Fece un'altro passo e la sgradevole sensazione continuò a peggiorare, come se il metaforico treno sopracitato potesse diventare reale da un momento all'altro e ridurre Mark in poltiglia. "Che mi succede? Non ho mai provato una sensazione peggiore in vita mia" pensò infine mentre quasi faceva fatica ad avanzare oltre.

    Una domanda: ho notato che alcune schede vantano abilità di livello divino. È dovuto all'Enfracti oppure è possibile evolvere un'abilità oltre il livello 5?
     
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    L'unica scheda che abbia un livello divino in una o più abilità è quella di Loki, che è un PNG (anche se non era specificato). Quindi no, il massimo raggiungibile è il livello 5, anche con l'Infractus. La prossima volta però le domande extra role fammele nella sezione apposita, tesoro mio XD


    Al tuo avvicinarti, la persona si volta verso di te, lentamente, sempre a testa china: è un ragazzo, che non sembra avere molto più della tua età.
    Lo vedi vagamente oscillare, come se si stesse dondolando. Poi, sembra accorgersi definitivamente della tua presenza, e alza il capo per guardarti.
    Vuoto. Solo vuoto nei suoi occhi. Sembra fissarti, ma è come se non ti vedesse. I suoi occhi sono quanto di più vacuo e spento tu abbia mai visto in vita tua. Ti senti quasi a disagio, davanti a questi occhi...
    -Vuoi entrare nella scuola?-.
    Ti parla. Ti rivolge la parola, ma la sua voce sembra risuonare nel nulla. La senti, ma è come se ti rimbombasse in testa.
    -Io ho lasciato qualcosa, in questa scuola... Anche se non ricordo molto bene cosa- prosegue, inclinando la testa.
    -Sai, per loro noi siamo tutti uguali. Non badano molto a ognuno di noi. Io ricordo che stavo male. Molto male. Non volevo più stare così male. Ma non avevo il coraggio di togliermi la vita...-.
    Sospira. Il suo sospiro, come il soffio di vento di prima, sembra strapparti la vita di dosso.
    -Ma la sorte è stata buona con me. Mi ha aiutato a non soffrire più. Ha aiutato anche gli altri, tutti gli altri che incontrerai nel cortile-.
    Spalanca gli occhi, assumendo quella che ti appare un'espressione spaventosa e sofferente. Noti solo ora che il suo corpo sembra deturpato da qualcosa... come un incidente.
    -Forse, se pregherai, sarà buona anche con te. Premia sempre i coraggiosi. Devi essere coraggioso per entrare qui- conclude, con voce flebile, scomparendo lentamente e lasciando posto solo a un mucchio di nebbia.
    A terra, dove prima posava i piedi, un mucchio di vetri e piccoli resti di un'automobile. Sul muro, ora è ben leggibile la targhetta davanti alla quale il ragazzo si trovava.
    "Danny Luntz. 1979-1999"
    Il cancello cigola ancora, aprendosi ulteriormente, invitandoti a raggiungerlo...
     
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  7. IDSeeker
     
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    Un'altro passo era fatto. Camminare in avanti quando il corpo ti urla di tornare indietro non è un'impresa facile. Per fortuna, se così si può chiamare, non fu necessario proseguire oltre: l'uomo, o meglio il ragazzo, dato che sembrava avere pressapoco l'età di Mark, si girò in direzione di quest'ultimo. Il modo in cui oscillava lo rese improvvisamente molto più inquietante di quanto non fosse già fino a poco prima. Poi, quando la macabra danza era finita, alzò lo sguardo, mostrando il pallidissimo volto. Finalmente anche la mente di Mark si rese conto che quello che gli aveva suggerito il corpo fino a quel momento poteva avere un fondo di verità e che forse avrebbe dovuto seguirlo alla svelta. Gli occhi della figura erano vuoti e spenti, tanto da far pensare che fossero finti. "Ci dev'essere una spiegazione logica..." pensò, mentre cominciava già a sudare freddo. Un'idea gli conferì nuovamente il controllo sui propri istinti: "Ma certo! Dev'essere cieco! Non c'è altra spiegazione... Poveretto, come ho fatto a pensare male di lui?". Riprese il controllo dei muscoli che erano già pronti a scattare via, lontano da quella situazione assurda, rimanendo saldo nella sua posizione. Eppure, cieco o no, quegli occhi continuavano a metterlo a disagio. Si limitò a catalogarlo come il semplice senso di colpa che si prova di fronte ad una persona menomata quando la si incontra per la prima volta. O meglio, l'avrebbe fatto se avesse avuto il tempo di farlo: infatti, subito dopo aver alzato lo sguardo verso Mark, il ragazzo aveva pronunciato una frase:

    "Vuoi entrare nella scuola?"

    Mark sgranò gli occhi: la voce che aveva appena udito non sembrava provenire dalla bocca di quella pallida creatura di fronte a lui, ma bensì da un punto imprecisato della sua stessa testa; come se quella creatura fosse riuscita a penetrare fino in profondità nei suoi pensieri. Il ragazzo, che riusciva a stento a trattenersi dal tremare come una foglia di fronte a tale visione, cercò di spiccicare una frase: "Veramente io...". Il pallido estraneo non lo lasciò finire, come se la sua voce non fosse altro che una registrazione che continuava senza preoccuparsi di stimoli esterni.

    "Io ho lasciato qualcosa, in questa scuola... Anche se non ricordo molto bene cosa."

    Il modo in cui inclinò la testa fu abbastanza inquietante. Di per se era un gesto che doveva lasciar intendere che l'interlocutore era incuriosito, ma in quel frangente il pensiero di essere l'oggetto della curiosità di una persona così strana fece accapponare la pelle a Mark.

    Sai, per loro noi siamo tutti uguali. Non badano molto a ognuno di noi. Io ricordo che stavo male. Molto male. Non volevo più stare così male. Ma non avevo il coraggio di togliermi la vita...

    Fece un sospiro, un sospiro così abbattuto e privo di speranze da riuscire a trasmettere queste sensazioni anche al suo ascoltatore. L'argomento non aiutava.

    Ma la sorte è stata buona con me. Mi ha aiutato a non soffrire più. Ha aiutato anche gli altri, tutti gli altri che incontrerai nel cortile.

    A quelle parole, il ragazzo apparentemente cieco spalancò gli occhi, mostrando una sofferenza umanamente non accettabile. Fu allora che Mark notò che il suo interlocutore aveva degli strani segni sul corpo: sembravano dovuto ad un grave incidente, ma il ragazzo sembrava non mostrare segni di dolore o di sconforto da questa cosa a livello fisico. Era uno spettacolo orribile, eppure il nuovo arrivato non riusciva a distogliere lo sguardo.

    "Forse, se pregherai, sarà buona anche con te. Premia sempre i coraggiosi. Devi essere coraggioso per entrare qui"

    Con questa frase di comminato, quello che si rivelò un vero e proprio fantasma (o magari un mago molto bravo) sparì in una nuvola che presto si unì al resto della nebbia. Mark rimase immobile un minuto buono prima di riuscire ad elaborare cosa era appena successo di fronte ai suoi occhi; di chi o di cosa aveva appena ascoltato il monologo. Quando finalmente tornò in sé prese una veloce boccata d'aria, come se fosse rimasto in apnea fino a quel momento. Ora la sensazione di angoscia era un po' diminuita e quindi riuscì a raggiungere il punto in cui l'essere si era soffermato fino a poco prima senza dover combattere con se stesso per non fuggire via. Proprio ai piedi della targhetta più vicina a dove aveva sostato la figura trovò dei pezzetti metallici, forse appartenenti ad una moto o un'automobile. "Un... incidente?" disse a bassa voce mentre ripensava agli strani segni sul corpo del ragazzo. La targhetta aveva un nome e due date: chiaramente era una tomba. Non c'era bisogno di leggere le altre per capire che lo erano anch'esse. "Un cimitero di fronte ad una scuola?" pensò Mark cercando di fare mente locale. Un attimo dopo, il cancello cigolò ancora, quasi ad invitarlo al suo misterioso interno. Ora anche buona parte della mente del ragazzo era d'accordo con il suo istinto di fuggire via, eppure qualcosa lo tratteneva. Curiosità? Masochismo? Una silenziosa follia portata da quella visione? O forse qualcosa di non naturale, di non umano? L'unica cosa che Mark sapeva era che oramai era in ballo e non poteva... no: non voleva andarsene via. Doveva risolvere quel mistero altrimenti non sarebbe stato più in pace con se stesso. "Se questa la racconto non ci crederà mai nessuno..." pensò infine prima di dirigersi verso l'interno dell'edificio.

    Ah ok, scusa. Comunque anche Coso ha delle abilità Divine, ma ho capito: solo gli NPG possono superare il limite umano. La mia era solo una curiosità.
     
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    Chiedo scusa, mi era sfuggito. Sì, nel suo caso, è legato all'Infracto, ma non so dirti se sia applicabile a tutti, visto che lui non è un NPG, ma è un caso a parte XD Diciamo che le abilità sono ancora poco stabili, quindi può essere che ci saranno delle eccezioni, ma al momento non so essere più precisa, mi dispiace.


    Il cortile sembra accoglierti, cingerti in un gelido abbraccio. La leggera foschia non accenna a scomparire del tutto, ed è abbastanza intensa da oscurarti la visuale del fondo del cortile. Riesci a vedere l'edificio, e una nuova fila di pietre bianche disseminate per il cortile. Davanti a quella più vicina a te, riesci a distinguere un'altra sagoma. È abbastanza vicina da poterla guardare in volto...
    Questa volta, si tratta di una ragazza. È tanto pallida da sembrare bianca, e una massa di lunghi capelli le ricopre il viso e le spalle.
    -Hai perso qualcosa anche tu?- ti chiede, la voce è sottile, ma sfuggente ed indefinita come quella del ragazzo che hai incontrato prima.
    I suoi occhi non sono vuoti come i suoi, però: al contrario, sono verdi intensi, brillanti, sembra quasi che riflettano la luce.
    -Oppure sei venuto qui per perderla?- aggiunge, senza mai guardarti negli occhi. È ferma e osserva un punto fisso ed indefinito alla sua sinistra.
    -Sai, c'era un laghetto, una volta, qui nel cortile. Lo amavo molto. Non avevo amici, e nessuno si cura di noi, qui-.
    Anche lei ripete quello che hai sentito dal ragazzo. Ancora non riesci a comprenderne il significato, ma questa è solo un'altra stranezza in mezzo all'assurdo.
    -Un giorno, ho semplicemente desiderato di poter vivere per sempre in quel piccolo lago... Non credevo che proprio allora si sarebbero curati di me...- sospira, senza abbassare il volto, senza cambiare espressione. Il suo corpo è costellato da frammenti scuri e viscosi somiglianti alle alghe o a piante acquatiche.
    Sulla pietra di fianco a lei riesci solo a distinguere il suo nome.
    "Ophelia Robbins".
    Le incisioni sottostanti sono nascoste dal fluttuare dei suoi capelli arruffati, ma non hai bisogno di vederle per capire...
    Gira piano la testa verso di te, e tu riesci solo a vedere per un istante il bagliore dei suoi occhi, per poi scomparire gradualmente nella nebbia.
    Una morsa ti attanaglia. La paura, la tristezza, la confusione... sei circondato da anime inquiete, ma nessuna di loro sembra essere viva. Forse hai sbagliato posto, o forse sei tu ad essere sbagliato.
    Non sai cosa troverai, addentrandoti nel cortile. Troverai altre anime, altre storie, ma non sai se troverai la tua salvezza. Forse sei già perduto, e ancora non riesci a capirlo...
    Una voce ti attraversa i pensieri. Non viene da fuori. La senti dentro di te, come le altre, più delle altre.

    Ti sento... Seguimi...


     
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    Questa volta i muscoli del corpo erano stati domati: il ragazzo non sentiva più l'urgenza improrogabile di andare via, anche se ancora un po' di ansia ancora non era svanita. Il cortile, forse per via di qualche effetto ottico messo in atto tanto tempo prima dall'architetto di quel luogo, sembrava volesse abbracciare il suo nuovo ospite. Solo che la cupa atmosfera rendeva questo abbraccio innaturalmente freddo e minaccioso. Con la nebbia che non accennava a diminuire, i più reconditi recessi del giardino non erano visibili dalla sua posizione. Un'altra sagoma si ergeva immobile di fronte ad una nuova fila di targhette, questa volta attaccate a delle pietre bianche messe in fila. Questa volta il ragazzo voleva cogliere più dettagli possibili di questo nuovo incontro e, dimentico della sua recente esperienza di violento rigetto mentale di quelle strane figure, si avvicinò a lei con passo fiero, per poter così giungere abbastanza vicino da vedere il volto di quella che sembrava una fanciulla. Anch'essa aveva una carnagione cadaverica, ma a differenza dell'altra anima in pena, essa aveva una folta chioma nera a coprirle il viso. L'aver visto quel film dell'orrore con una ragazza simile che veniva fuori da un pozzo per uccidere la gente non lo fece desistere dal suo intento di vederla negli occhi, aspettandosi un'altro sguardo vuoto. Mentre era ormai a pochi passi ella parlò:

    "Hai perso qualcosa anche tu?"

    La sua voce vuota, ma al contempo riecheggiante, era, malgrado avesse il tono di una ragazza, molto simile a quella dell'individuo incontrato fuori. Ma Mark non era contento: doveva vedere i suoi occhi vuoti; doveva riuscire ad avvicinarsi abbastanza da vedere il trucco; doveva avvicinarsi abbastanza da scoprire dove fosse lo scherzo. "I miei amici verranno fuori con tutta la troupe televisiva e rideranno di me, di come sono stato sciocco ad aver creduto ad una sciocchezza simile; ed io riderò con loro, rendendomi conto di come mi sono comportato da stupido. Rivedrò le scene su uno schermo e continueremo a ridere. Fra qualche tempo lo manderanno in TV e potrò ridere insieme ai miei compagni di tutta questa faccenda. Devo solo smascherarla, così potrò andarmene!" pensò alla velocità di un fulmine quando ormai la distanza tra loro due era sempre minore, sempre minore. Oramai era a pochi centimetri da lei quando li vide in tutta la loro tenebrosa magnificenza: due bellissimi occhi di smeraldo rifuggivano il suo sguardo, posandosi da qualche parte dietro di lui, in luoghi ignoti o invisibili. La loro intensità era una cosa che non aveva mai visto prima d'ora in tutta la sua vita; mai avrebbe sperato di rivedere degli occhi così belli... e così veri. Così veri e perfetti. Non dovette neanche guardarlo direttamente negli occhi per fargli quell'effetto. Fu come se un milione di lance invisibili avessero appena lacerato la sua anima tormentata: tutto questo non era un gioco, i suoi amici non sarebbero venuti fuori da nessuna parte e non avrebbe più riso con loro. Mai più. Gli bastò quell'attimo di lucidità per fargli capire ciò. E fu allora che ebbe paura. Ebbe veramente paura: non c'erano più scuse né appigli logici a cui aggrapparsi; ebbe paura che se l'avesse guardato negli occhi con tutta la sua attenzione l'avrebbe fatto in mille pezzi proprio in quel momento. Ciò che temeva non era lo spettro in sé, ma ciò che rappresentava: la fine della sua vita come l'aveva sempre conosciuta; forse la fine della sua vita e basta. La rifuggì: si allontanò di qualche passo, cadendo a terra, e si premette il pollice e l'indice della mano sugli occhi ben chiusi, cercando di scacciare quell'immagine così vivida dalla sua mente. Gli era persino venuto il fiatone. Fu allora che lei parlò di nuovo:

    "Oppure sei venuto qui per perderla?"

    Mark riaprì gli occhi e la fissò incredulo. Dietro quella matassa di capelli neri ed alghe si nascondeva ancora la lampante verità, troppo crudele per sorreggerne lo sguardo. "Cosa devo perdere? La ragione? Allora sono già sulla buona strada..." pensò, con ancora un po' di fiatone.

    "Sai, c'era un laghetto, una volta, qui nel cortile. Lo amavo molto. Non avevo amici, e nessuno si cura di noi, qui"

    "Perché mi dici questo!?!" quasi le gridò contro, conscio che non avrebbe avuto una risposta attinente alla domanda.

    "Un giorno, ho semplicemente desiderato di poter vivere per sempre in quel piccolo lago... Non credevo che proprio allora si sarebbero curati di me..."

    "Tutto questo non ha senso..." disse sconsolato più a se stesso che al messaggio registrato fluttuante davanti a sé. Mentre cercava di non incrociare nuovamente il suo sguardo, notò le incisioni sulla targhetta dietro di lei. "Ophelia..." disse sotto voce. La testa della ragazza cominciò a girare, puntando ora direttamente verso il ragazzo. Lui non seppe mai se fu una coincidenza o se lei avesse davvero reagito al richiamo del suo nome. Fatto sta che i suoi occhi ora erano puntati su di lui: Mark lo sentiva sulla pelle, quel suo sguardo al contempo terribile e bellissimo. Per un'attimo gli sguardi si incrociarono; e prima che quella vista potesse recare ulteriori danni alla fragile stabilità mentale del ragazzo ella scomparve nella nebbia proprio come aveva fatto Danny. Il ragazzo abbassò lo sguardo fino a terra: ne fu quasi sollevato, anche se ora un terribile senso di vuoto e confusione stava prepotentemente prendendo piede nel suo cervello: dove si trovava veramente in quel momento? Perché si trovava lì? Chi erano quelle persone? Perché proprio lui?

    Quasi come per rispondere a questi e altri milioni di interrogativi nella mente di Mark, una voce dal tono simile alle altre due, ma più forte ed ammaliante, venne da lui udita improvvisamente nei suoi pensieri.

    "Ti sento... Seguimi..."

    Il ragazzo alzò lo sguardo da terra, verso un punto indefinito di quel luogo maledetto. Dopo poco si alzò in piedi ed asciugò la piccola lacrima che gli si era poggiata sullo zigomo. Riprese a camminare, questa volta intenzionato ad avere delle risposte.

    Scusa la parte degli occhi e il divergere un pochetto dalla trama, ma ero troppo ispirato: volevo far vedere il momento esatto in cui la cosa smetteva di essere un gioco, con conseguente distruzione psicologica =D
     
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    No, hai fatto bene: mi è piaciuto molto, ed era esattamente questa la trama. Nessuna digressione, tranquillo.


    Le tue domande rimarranno senza risposte, o, forse, ne troveranno presto una. Non lo sai. Non sai più niente. Non sei più sicuro neanche di te, di chi tu sia, di niente. La voce ti attira a sé, ti reclama, e tu ti muovi. Non conosci la tua destinazione. Ma cammini, continui a camminare...
    Procedendo, scorgi un'altra lapide, perché è questo ciò che sono, e, seduto ai piedi di essa, un uomo. Questa volta è un uomo adulto, dall'aspetto trasandato, e pare perso in singhiozzi.
    -Dolores... Dolores...- geme, piangendo, il volto nascosto tra le mani. Lui sembra non prestarti attenzione, e l'unica cosa che riesci a vedere sono i polsi squarciati e sanguinanti.
    -Ti ho amato, Dolores...-.
    Ha una valigetta, accanto a sé, che ricolleghi automaticamente a quelle utilizzate dagli impiegati e dai professori.
    L'uomo continua a non considerarti, così decidi di proseguire. Poco più avanti, trovi una ragazza, anche lei accovacciata davanti alla lapide; sembra molto giovane, forse arriva a malapena all'età del primo anno di liceo.
    Anche la ragazzina singhiozza, gli occhi chiusi, le mani intrecciate, sussurrando qualcosa sottovoce.
    -Humbert... Humbert... Mi amavi così tanto...-.
    Ti accorgi che ha la gola tagliata. Una ferita simile a quella sui polsi dell'uomo di prima.
    -Perché mi hai fatto questo...? Perché...?-.
    Sulla sua lapide, riesci a leggere solo "Dolores". Il resto è coperto dal suo corpo.

    Neanche lei sembra preoccuparti di te. Non ti guarda, non ti vede. Sei di nuovo libero ti passare oltre.


    Vieni... vieni... Qui, da me...

    Imperiosa, la voce torna ad insinuarsi nelle tue orecchie, nella tua mente. Non è una richiesta, la sua. È un ordine. Devi andare da lei.
    Intravedi il portone della scuola. Sei abbastanza vicino da vederlo. Ti accorgi di essere approssimativamente a metà del cortile. Per arrivare al portone, dovrai attraversarlo tutto... ci riuscirai?

     
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  11. IDSeeker
     
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    Mark continuava a camminare. Non aveva idea di dove stesse andando, ma non aveva da temere: la voce gli sussurrava la via. O forse avrebbe dovuto cominciare a preoccuparsi per questo? Non ne era sicuro: in quel momento per lui esisteva solo quella voce e nient'altro poteva distoglierlo dal suo obbiettivo di raggiungerla. Neppure la vista di un fantasma con la consapevolezza che non c'era trucco e non c'era inganno: quelli erano reali, per quanto possa essere reale un'entità che continua a ripetersi senza fare caso a cosa accade intorno ad essa. Dopo ogni passo la mente del ragazzo si svuotava, lasciando dubbi e incertezze dietro di sé e facendo spazio ad una nuova sensazione simile al piacere: una totale assuefazione a quel suono che riecheggiava sempre più forte nella sua testa. Doveva attraversare quel cortile, che in quel momento sembrava lungo un'eternità; come sembra eterna l'attesa di un bambino prima della notte di Natale. Sentiva che doveva andare da lei ad ogni costo, non gli importava più di sapere dove fosse: voleva solo porre fine a quella maledetta astinenza.

    Un ostacolo si frappose tra lui e l'agognato traguardo: un uomo seduto di fronte ad una lapide, piangente, invocava il nome di una donna che Mark non aveva mai conosciuto. Il suo aspetto trasandato avrebbe potuto trarre in inganno: infatti di fianco a lui era presente e ben visibile una valigetta da professore. In quel luogo era quasi scontato che si trattasse di un insegnante o comunque di un membro del personale scolastico. Oramai il ragazzo sapeva come funzionava la faccenda e, ora come ora, non voleva proprio fermarsi ad ascoltare delle chiacchiere a senso unico. Quando gli passò davanti, notò i polsi squarciati. Per quale motivo si sarà tagliato le vene? E perché il suo rimpianto maggiore era nei confronti di questa Dolores? Domande sciocche, inutili e probabilmente tutte le persone che ne conoscevano le risposte erano oramai morte, magari addirittura piangenti in quello stesso cimitero maledetto. Era dunque inutile porsele. Il nuovo arrivato se le scrollò di dosso come si fa con la polvere dopo una caduta e passò oltre: la voce lo reclamava più che mai.

    Un'altra anima disperata si frappose fra lui e la felicità che tanto agognava all'interno dell'edificio scolastico. Una ragazzina che poteva essere appena uscita dalle medie singhiozzava e ripeteva sottovoce il nome dell'amato. Parole al vento: Mark passò oltre. Con la coda dell'occhio però notò un sinistro particolare: la gola della ragazza aveva delle ferite da taglio molto simili a quelle dei polsi del professore. Quando lesse il nome Dolores sulla lapide tutti i tasselli andarono al loro posto. Omicidio passionale? "Basta domande stupide!" pensò bramoso e impaziente il ragazzo "La voce... devo andare da lei!". Aumentò il passo: si trovava solo a metà cortile, dannazione! Oramai non pensava più a nulla: i sussurri di quella misteriosa voce avevano preso il totale controllo della sua mente e continuavano a guidarlo in una maestosa sinfonia sussurrante che poteva udire solo lui e che gli impediva di sentire quasi tutto il resto. Una frase torreggiò sulle mille altre che udiva:

    "Vieni... vieni... Qui, da me..."

    "Non preoccuparti: sto venendo da te!" disse come se fosse stato un eroe che andava a salvare la principessa dal drago malefico, senza rendersi conto che era il drago quello a cui serviva aiuto.
     
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    Le presenze e i rimpianti ti assalgono. Alcuni di loro sembrano non fare caso a te, mentre altri ricercano la tua compagnia, e altri ancora sembrano avercela con te. È il caso di una donna, non troppo giovane, che ti si scaglia contro a pochi metri dagli scalini che ti separano dall'entrata.
    -CHE COS'HAI FATTO?! PERCHÉ NON TI SEI PREOCCUPATO DI NOI?!- grida, provando ad afferrarti, a ferirti, ma le sue mani e il suo corpo ti passano attraverso. Ha il volto parzialmente sfigurato, come una cicatrice da ustione. Di sfuggita, noti che indossa un grembiule da cucina.
    -NESSUNO DI VOI CI HA MAI CONSIDERATI! È COLPA VOSTRA! È COLPA VOSTRA!- continua, un grido straziante che si trasforma in pianto, mentre tu, irretito dalla voce, passi avanti, lasciandotela alle spalle.
    Fa male, il suo pianto, che ti raggiunge e ti accompagna per buona parte della strada. Ma non avresti potuto fare niente per lei.
    Il cielo è sempre più plumbeo, la nebbia è rimasta invariata, e ti avvolge come una madre amorevole. Ma una madre amorevole non farebbe questo, al suo bambino... Perché lei ti fa sentire perduto. Lo sai. Non potrai mai più essere felice. La tua unica speranza è quella voce.
    Speranza...
    Finalmente, l'entrata. Sali quei pochi scalini che ti separano da lei, sapendo che, tra poco, tutto sarà finito.
    Oppure, tutto inizierà.
    -No, Claire, non farlo! Ti prego, Claire!- una ragazzina compare, piangente e urlante. Davanti a lei, una ragazza più grande. È immobile, con gli occhi fissi e sbarrati, e si lascia tirare per il braccio dalla più piccola.
    -Non siamo niente, per loro... Niente... Non ha senso restare...- sta dicendo, come un mantra, sempre fissando il vuoto. I suoi occhi non sono vuoti come quelli di Danny, ma sono azzurri e vitrei, e sembrano aver perso la vita da tanto tempo.
    Ha un foro sulla fronte, e, passandole accanto, ti accorgi che il retro del cranio è frantumato. La ragazzina, invece, ha una chiazza di sangue sul petto, all'altezza del cuore.
    Sul muro che ospita il portone, riesci a scorgere una nuova targa:
    "Claire Milton. 1975-1993
    Sarah Milton. 1978-1993"

    Ecco. Il portone si spalanca. Lei è dentro. La voce è lì dentro...


    "Sono qui..."

    Stavolta, la senti vicina, vicinissima. Una figura si delinea sulla soglia del portone. Non te lo spieghi, ma sembra essere esattamente come l'avevi immaginata.
    Alza un braccio in direzione delle sorelle, e queste scompaiono, senza lasciare nebbia al loro posto.


    "Ti stavo aspettando, Mark. Ti stavo aspettando..."


    Nota: La 'figura' può avere qualunque aspetto tu voglia. Quindi sta a te descriverla come la vedi =)

    Edited by Eiko Quinn - 4/8/2011, 01:20
     
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    La sfilza di anime continua nel loro monotono lamentarsi di cose oramai irreparabili. "Perché non se la smettono una buona volta? Potrebbero andare dalla voce! O forse sono disperati proprio perché la voce li ha rifiutati..." pensò provando pena per loro, che non potevano fare altro che gemere per il resto dell'eternità. Un'anima ustionata in volto provò a ferire Mark, che per la sorpresa fece un passo all'indietro: il primo che faceva da quando aveva visto la verità negli occhi di Ophelia. Ora neppure quell'agghiacciante pensiero riusciva a riportarlo alla realtà, anche se ancora qualcosa, nei più reconditi recessi della sua mente ammaliata, continuava a provare ammirazione e terrore per quegli occhi. L'anima ustionata continuò con i suoi rantoli, così disgustosi in confronto alla voce che ora gli donava un nuovo scopo. Eppure il pianto che scoppiò poco dopo lo metteva a disagio, anche se il suo passo non rallentava per questo. Il tempo, sia in senso meteorologico che dimensionale, sembrava convergere completamente all'interno della struttura. O almeno così era per il ragazzo. Più si avvicinava, più sembrava che tutto intorno a lui rallentasse sempre di più, fino a giungere finalmente al silenzio. Quando ormai era a pochi passi infatti, i suoni esterni come il vento, i gemiti delle anime, il suo camminare sull'asfalto, persino i bisbigli minori della voce si ammutolirono all'unisono quando fu a pochissima distanza. Solo due spettri rompevano il mistico silenzio che si era creato: una piangeva mentre l'altra ripeteva sempre la stessa frase. Tutte le anime avevano una cosa in comune, finora: sembrava che ce l'avessero con quel posto, che si sentissero abbandonate. Se Mark fosse stato abbastanza lucido, si sarebbe chiesto il perché di tutto ciò. Ma quello non era lo stato mentale in cui versava ora. Il dialogo a senso unico dei due fantasmi venne bruscamente interrotto dallo spalancarsi delle porte. Il ragazzo aprì gli occhi come se quelle vecchie ante di legno marcio fossero state le porte del Paradiso.

    "Sono qui..."

    "Si!" esclamò il giovane "Posso vederti, finalmente!". La ragazza aveva i capelli biondi dorati, lisci e lunghi fino alle natiche; degli splendidi occhi azzurri come il mare dei paesi tropicali; un visino pulito con un sorriso perfetto; un corpo ben proporzionato e magro al punto giusto era appoggiato allo stipite della porta. Un velo celeste e svolazzante le copriva il corpo. Solo le pallide braccia erano visibili dai gomiti in avanti; insieme al collo e al viso, ovviamente. Sembrava una dannata pubblicità per qualche articolo da donna! Un suo aggraziato gesto della mano fece svanire nel nulla le due sorelle, lasciando i due rimasti nel totale e completo silenzio. Era come se l'udito del ragazzo si fosse disattivato momentaneamente. Fu un pensiero che gli entrò prepotentemente in testa, facendolo quasi disperare per non aver più la possibilità, ora che aveva visto da quale bellezza provenisse la voce, di ascoltare quest'ultima potendola associare ad un'immagine. Le sue paure furono subito fugate dalle sue ultime parole:

    "Ti stavo aspettando, Mark. Ti stavo aspettando..."

    L'estasi che il sentirla di nuovo gli provocò fu una di quelle che solo una droga al picco dell'astinenza può dare. "Come fai a conoscere il mio nome?" chiese innocentemente, senza sospetti o paure più che fondate, mentre intanto faceva ancora qualche passo nella sua direzione.

    A quest'ora questo è il massimo di descrizione che posso darti XD
     
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    "Io so tutto di te..." ti risponde lei. I suoi occhi ti scrutano, e ti senti come trapassare, fissare nel profondo. Non riesci a definire questa creatura "un essere umano": il suo viso è troppo perfetto, i suoi occhi troppo penetranti, la sua voce... La sua voce è come musica. Mai ti è capitato di sentire una tale melodia, prima d'ora; lei è speciale. Lei ti attrae a sé, sa tutto di te, vuole tenerti lì...
    "Io posso darti tutto. Posso donarti la felicità... Tu sei speciale. Non sei come loro..." prosegue, avvicinandositi, allungando una mano a sfiorarti il volto.
    Ti senti come sotto un incantesimo. Tutto è scomparso. I morti, le lapidi, la nebbia e il gelo... Tutto ha cessato di esistere. Vedi solo i suoi occhi, e senti solo la sua voce. Ti sta come ipnotizzando, svuotando delle tue energie... della tua forza. Non hai più voglia di lottare, non hai più voglia di chiederti perché ti trovi lì, non hai più voglia di scoprire la verità, né di tornare a casa.
    Esiste lei.
    Solo lei.
    Ormai non riesci più a percepirli, ma le anime non ti hanno mai lasciato: sonon intorno a te, paurosamente vicine. Non fanno niente, ma sembrano essersi radunate tutte lì, come se volessero qualcosa da te... qualcosa che solo tu, fra tutti loro, puoi avere...



    Speranza.



    Qualcosa, dentro di te, ti dice di svegliarti, di liberarti dalla sua morsa. I gemiti dei morti non possono raggiungerti, ma qualcosa... C'è qualcosa che ti colpisce...

    -NESSUNO DI VOI CI HA MAI CONSIDERATI! È COLPA VOSTRA! È COLPA VOSTRA!-

    -Non siamo niente, per loro... Niente... Non ha senso restare...-

    -Non avevo amici, e nessuno si cura di noi, qui-

    -Sai, per loro noi siamo tutti uguali. Non badano molto a ognuno di noi. Io ricordo che stavo male. Molto male. Non volevo più stare così male. Ma non avevo il coraggio di togliermi la vita...-.

    -Non credevo che proprio allora si sarebbero curati di me...-


    -Ma la sorte è stata buona con me. Mi ha aiutato a non soffrire più. Ha aiutato anche gli altri, tutti gli altri che incontrerai nel cortile-.
    -Forse, se pregherai, sarà buona anche con te. Premia sempre i coraggiosi. Devi essere coraggioso per entrare qui-


    La sorte. Sorte... Che sia questa, la risposta? La sorte che premia i coraggiosi, che allievia il dolore di chi soffre? Che si cura di chi viene ignorato?

    "Lei ci ha aiutati. Abbiamo smesso di soffrire grazie a lei".

    "Sei stato coraggioso... adesso verrai premiato."


    Tutto sta diventando così surreale... Lei ti stringe nella sua morsa, e non ti lascerà andare. Lei, la Sorte. Lei, la Morte.
    Queste anime non soffrono più la vita, ma soffrono la morte. Non sono anime salve. Sono anime che, già in vita, avevano smesso di sperare.
    Che sia questo ciò che puoi dare loro, ciò che anche per te devi ritrovare per liberarti da lei?
    La speranza?
     
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    "Io so tutto di te..."

    Rispose soavemente la ragazza alla domanda di Mark. La sua attrazione per lei aumentava ogni secondo di più; un'attrazione molto più profonda di quella fisica: era qualcosa di più, come se lei fosse in grado di leggere fin nel profondo della sua anima e riuscisse a fare esattamente ciò che lui voleva, persino ciò che lui non sapeva di volere!

    "Io posso darti tutto. Posso donarti la felicità... Tu sei speciale. Non sei come loro..."

    La sua mano sul viso fu un'emozione più travolgente di un'orgasmo, la sua voce dal vivo un coro angelico che gli penetrava l'anima e la mente. Mai come in quel momento un essere umano avrebbe potuto usare l'espressione "troppo bello per essere vero" in modo più appropriato. Ma il recondito recesso del subconscio che aveva realizzato quel pensiero fu spento in un attimo dallo sguardo di lei. I suoi occhi lo svuotavano lentamente delle sue energie e della sua volontà. Quel poco che era rimasto, almeno. Entrambi erano in una dimensione tutta loro, fata di pace e gioia e a lui questo andava più che bene.
    ...

    Quanto avrebbe voluto abbandonarsi al suo abbraccio; quanto avrebbe voluto lasciarsi andare: i suoi occhi erano così... così...

    Mark spalancò gli occhi, mentre una vagonata di pensieri gli sfondava la scatola cranica e gli faceva capire tutto, finalmente! I lamenti dei morti erano tutti uguali e grazie a loro il ragazzo aveva avuto la risposta davanti agli occhi per tutto il tempo, se solo ci avesse pensato prima: la Sorte che tanto decantavano come salvatrice del loro tormento poteva essere solo una cosa: la Fine Ultima. L'illusione continuava attorno a lui, con quell'aria pacifica, ma al contempo, solo ora se ne accorgeva, troppo strana per essere vera. La sua mente tornò agli occhi di Ophelia: quegli occhi erano veri e per questo così terrificanti! Gli occhi di quella ragazza invece erano invitanti, ammaliatrici... falsi! L'illusione intorno a lui si affievolì, anche se forse solo in maniera infinitesimale. Ora riusciva a vederli: intorno a lui una schiera di spiriti li guardava in quell'abbraccio in cui la Vita e la Morte si fronteggiavano ed al contempo erano unite, così come erano sempre state dall'inizio dei tempi. Lui voleva liberarsi dalla sua morsa, ma non ci riusciva... non ci riusciva, dannazione! Gli sguardi dei morti sembravano volere qualcosa da lui, ma non capiva cosa. Anche in quella situazione in cui sentiva che si stava perdendo sempre di più ogni secondo che passava, cercò di ragionare lucidamente. Cosa accomunava tutti loro? Doveva ripensare ai monologhi che troppo freddamente aveva ignorato: tutti loro in vita erano disperati, infatti la maggior parte di loro si era suicidata e quelli rimanenti erano stati uccidi da quelli che poi si sarebbero suicidati poco dopo... non avevano più voglia di vivere... non avevano più speranza! Anche se forse fu solo una sua impressione, al ragazzo sembrò che le anime avessero reagito, anche se impercettibilmente, a questa illuminazione interiore. Ma come poteva usare la speranza? A quel punto tanto valeva provare: "Io... io non voglio morire! Cristo: io voglio vivere! Qualcuno mi aiuti, cazzo!" esclamò a pieni polmoni, sperando che succedesse qualcosa, magari un miracolo.

    Dio mio! Prima di sfornare questo aveva fatto un post praticamente a ruota libera in cui Mark lottava con una copia catramosa del cupo mietitore XD
     
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