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Lena VS Angelus, Per il torneo To the Death

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    Lena si lasciò andare violentemente, sbattendo la schiena contro il muro, e trascinandosi a sedere per terra. Sospirò, sonoramente.
    "È tutto sbagliato", si diceva. "Tutto sbagliato... Tutto sbagliato...".
    Insofferente. Ecco come si sentiva. Odiava piangersi addosso, ma non poteva farci niente: stava diventando tanto insofferente verso se stessa e quel mondo, che avrebbe potuto piangere, in quel momento.
    Sospirò di nuovo. Poi, mentre si sfregava le tempie con i polpastrelli, si chiese perché fosse lì.
    "Ok, ho il cervello andato", pensò. "Questo è il posto più spaventoso, qui intorno, e io ci sono seduta in mezzo. Ottimo lavoro, Lena, ben fatto".
    In effetti, aveva solo bisogno d'aria. Aveva bisogno di lasciare il Quartier Generale, e aveva bisogno di stare da sola. Così, era uscita. Senza dire una parola a nessuno. "Vediamo", si era detta, "dove finirò questa volta...".
    Beh, la geografia di Nowhere non era certamente una delle certezze che avevano, lì; infatti, uno sarebbe potuto uscire dal QG e camminare per miglia nello stesso bosco, e un altro sarebbe potuto arrivare a Fog Town con uno starnuto. Divertente.
    "Beh, e io sono in una scuola da film horror", pensò. "...che figata".
    Ma, ad essere sinceri, non si sentiva affatto come se fosse "una figata"; i corridoi erano deserti, e così fottutamente rossi. Un corridoio non dovrebbe essere rosso. Andiamo! Dove cazzo c'erano corridoi rossi? Nei film horror, e nei film trash. E nei film porno. Era forse un film porno, quello? No, era sicura di no. L'avrebbe saputo, se lo fosse stato.
    Un rumore. Si alzò velocemente, il sangue gelato nelle vene. Improvvisamente, realizzò che completa idiota era stata.
    Provò a tranquillizzarsi, di ordinare al cuore di non pulsare così velocemente, e al suo sangue di essere freddo. Da quando si era Spezzata, stava gradualmente diventando meno spaventata dalle stranezze di quel mondo, perché stava iniziando a capirle. Ma quello, no -quella situazione- non riusciva a comprenderla; sapeva solo che aveva paura.
    E stava iniziando ad imparare quanto significasse per lei essere spaventata.
    "No, ti prego...", pregò se stessa. "No".
    Il suo essere così emotiva la stava punendo. Infatti, emozioni troppo forti potevano attivare il suo Infractus. Lo sapeva. Generalmente, era necessaria un'emzione davvero molto forte, ma non si fidava di se stessa, e del suo autocontrollo. Non del tutto...
    -C'è qualcuno?-, chiese, con voce sottile, ma ferma. Estrasse il pugnale dalla borsa che portava su una spalla; almeno, sapeva come usarlo.
    "Fanculo questo, e fanculo la mia vita", pensò, amaramente. "È ora di procurarsi una vera arma, tesoro".
    Intorno a lei, il corridoio era silenzioso. Ad eccezione di questo lontano e soffocato rumore che sentiva. Aveva sempre avuto timore delle scuole durante la notte, e ora, eccola lì. In una fottuta scuola spaventosa in un fottuto mondo spaventoso.
    "Doppiamente una figata".
    Il corridoio rosso... Un corridoio rosso è completamente sbagliato. Quel corridoio faceva paura. E Lena avrebbe giurato di sentire bambini ridere, di tanto in tanto...
    In più, la luce stava tremolando. -Non osare!-, si lamentò. -Spegniti, e ti ucciderò, cazzo. Promesso. Ti colpirò così tanto e talmente forte da farti diventare blu. Stronza di una lampada, o quel cazzo che è-.
    Tutto tacque. C'era davvero qualcuno?
    Nervosa, non sapendo cosa fare, se aspettare o fuggire, iniziò a canticchiare, quasi inconsciamente, un vecchio motivo...

    Suspiria!


     
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  2. Lhou
     
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    Era stato... Strano.
    Tutto era cominciato il giorno prima, quando degli strani tizi erano arrivati all'Agenzia a proporgli un lavoro.
    Non sembrava niente di che, doveva riscuotere la taglia su una ragazza di nome Lena.
    La cosa strana, era il posto dove gli dissero che l'avrebbe trovata.
    Gli spiegarono che vi ci sarebbe trovato e che, poi, avrebbero fatto in modo che tornasse indietro.
    Sembrava un lavoro interessante e sicuramente vi era qualcosa di occulto dietro a tutto ciò, per cui decise quasi al volo di accettare l'incarico.
    Mitsuhide stava svolgendo delle indagini assieme a Daniel e Tiana un altro lavoro per conto suo, quindi se ne prese carico lui.
    Non gli fu detto altro, ne come raggiungere questo posto, ne dettagli particolari, ma gli fu fornita una foto di Lena.
    Era parecchio perplesso e quando si coricò la notte, decise che avrebbe tentato di ricontattare quegli strani sconosciuti per ottenere qualche informazione in più.
    Ma non ce ne fu bisogno.
    Ebbe la sensazione di essersi addormentato da non più di pochi secondi, quando aprì gli occhi.
    Restò immobile, silenzioso e perplesso per qualche minuto, inizialmente.
    Sotto di lui, vi era erba, erba coperta di rugiada o comunque di condensa.
    Era sicuro di essersi coricato nel suo letto, a petto nudo ed indossando solo dei semplici pantaloni comodi... Eppure era vestito con i suoi abiti da caccia: anfibi neri da motociclista, jeans neri leggermente ampi, maglia appena appena aderente e la sua lunga giacca di pelle nera a coprirlo.
    Inoltre, stringeva in pugno Kurohime, la sua amata katana, ancora nel fodero.
    Si tirò a sedere e si guardò attorno.
    La prima cosa che notò era il cielo grigio spento e il freddo, seppur percepito piuttosto lieve dal suo corpo doveva essere piuttosto intenso, sembrava autunno.
    Guardandosi attorno, capì di trovarsi nel cortile di quello che era un istituto abbandonato.
    Le erbacce spadroneggiavano ovunque e gli alberi erano per lo più secchi e morti.
    Di fronte a lui sorgeva l'ampio ingresso di quella scuola decrepita ed abbandonata, sicuramente da parecchio tempo per essere in quelle condizioni.
    Gli sembrava una perfetta scena da film horror.
    Si alzò in piedi lentamente e, testandosi negli stivali e nella giacca trovò i suoi coltelli da lancio.
    Perfetto.
    Non capiva che caspita di incantesimo o sortilegio potessero aver utilizzato per portarlo li, ma non era importante, se si trovava davanti a quella scuola il primo posto dove avrebbe dovuto cercare era piuttosto palese, così, muovendosi lento e circospetto, varcò la soglia.
    Dopo pochi passi il freddo si attenuò ed il silenzio, prima rotto dal soffio del vento e da qualche altro suono naturale, scese totale ad ovattare il tutto, facendo rimbombare i suoi passi, seppur leggeri, quanto un tuono nella notte.
    Imprecò fra i denti, per il casino che si trovava costretto a fare, ma avanzò.
    Effettivamente, constatò, poteva benissimo essere una perfetta scuola horror.
    I corridoi erano ampi almeno quattro o cinque metri, il soffitto alto almeno cinque o sei, le pareti erano rosse e qua e la si susseguivano porte sfasciate e cadenti che conducevano a diverse aule malmesse e stanze di vario tipo, mentre ogni tanto, raramente, si susseguiva qualche armadietto leso dal tempo.
    Svoltò un paio di volte, seguendo il corridoio principale, quando improvvisamente una voce, proveniente da svolta a sinistra pochi metri davanti a lui, lo fece bloccare e premere contro il muro.
    Era la voce di una ragazza e, così ad occhio, una ragazza spaventata.
    Ringraziò il buio, rotto dalla poca luce che penetrava dalle rade finestre, ma subito si rimangiò i suoi ringraziamenti quando vide un fascio di luce proiettato, probabilmente, da una torcia o una lampada.
    La furtività era inutile e, oltretutto, controproducente in quella situazione, così decise di uscire allo scoperto.
    Lentamente, stringendo la mano sull'impugnatura di Kurohime, ancora infoderata, voltò l'angolo ed uscì allo scoperto, entrando nel fascio di luce che la ragazza stava facendo proiettare in avanti.
    La osservò attraverso l'oscurità, facendo qualche passo verso di lei.
    Bionda, alta e molto carina, la descrizione corrispondeva alla foto che aveva visto, decisamente si trattava di Lena.

    << Ciao Lena... Il mio nome è Angelus... Scusa se ti ho spaventata, non volevo.>>
    Le disse, avvicinandosi sempre di più ma lentamente, per non rischiare di farla scappare in preda al panico.
     
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    Scusami tantissimo per il ritardo )= Ho avuto qualche difficoltà...


    Una cosa: non ho una torcia, la luce proviene da una lampada (o lampadina, o sailcazzo) nel corridoio. Scusa, forse non sono stata precisa^^


    Si bloccò. C'era decisamente qualcuno, ed era certa di non immaginarselo. Ascoltò i passi lievi -perché di sicuro quelli erano passi-, dietro di sé, immobile. Era pronta ad affrontare qualunque aberrazione prodotta dalle interiora di quella terra.

    CITAZIONE
    << Ciao Lena... Il mio nome è Angelus... Scusa se ti ho spaventata, non volevo.>>

    Sussultò. I passi non le erano sembrati così vicini... Si voltò di scatto, e si ritrovò davanti un uomo. O meglio, un ragazzo. Un essere umano, insomma.
    Immediatamente, si rilassò. Ignorava chi fosse quella persona, ma scoprire che quei passi appartenevano non a chissà quale creatura, la sollevò.
    -Spaventarmi?-, fece. -Non è di te che ho paura. Chiunque tu sia-.
    Lo osservò: decisamente, non l'aveva mai visto prima. Angelus... Neanche il nome l'era familiare; sarebbe potuto essere un Risvegliato, così come un Ricognitore, per quanto ne sapeva.
    In realtà, sapeva che gli abitanti di Nowhere, talvolta, si presentavano anche in forma di persone umane; non aveva ancora capito la logica dietro quelle creature, da dove provenissero, e perché facessero del male... Che il ragazzo che aveva di fronte fosse uno di questi?
    Un momento... L'aveva chiamata per nome. Come poteva conoscerla?
    Il volto di Lena s'incupì nuovamente, realizzato il potenziale pericolo che correva, anche se, in cuor suo, sperava che quell'Angelus fosse un alleato e non un nemico.
    Notò che portava qualcosa, al fianco. Sembrava l'impugnatura di una spada, e la stava già brandendo con una mano. Spostò lo sguardo dall'arma al volto dell'uomo, con espressione interrogativa.
    Avvertiva una sensazione bizzarra: era come se Nowhere la stesse mettendo in guardia. Buffo, per un mondo che tentava di divorarla alla prima occasione...
    Iniziava, pian piano, a lasciarsi andare; non cercava più d'impedire al suo Infractus di manifestarsi. Lo stava lasciando andare. Lo sentiva scorrere, dentro e fuori, intorno a sé, nell'aria... Nowhere la stava circondando, e lei lo stava afferrando a mani nude, lasciandolo scivolare tra le dita, plasmando quella terra così arida.
    -Chi sei?-, domandò. -Ti mandano dal QG?-.
    Tenne lo sguardo basso, fisso sul pavimento. Non voleva guardarlo negli occhi, non ancora; non era ancora il momento...
    on aveva più paura: quel corridoio, quella scuola, quel buio, quelle risa... Niente più la spaventava.
    Intorno a loro, i corridoi sembravano ora tacere. Di tanto in tanto, un'eco vaga, un'ombra di voce infantile tornava a disturbarli, ma niente più. Il rosso, se possibile, si era fatto ancora più intenso, nonostante la lampadina malandata sfrigolasse pericolosamente.
    Buio. Oltre la luce rossa, era tutto buio. I corridoi lerci erano immersi nella semi oscurità, anime lasciate a se stesse in mezzo all'ombra. Dietro alle spalle di Lena, Angelus poté vedere, più di una volta, sagome che passavano svelte, volti sfocati, e ombre. Lena, dal canto suo, poté avvertire quelle presenze, ma non si lasciò turbare da esse: ormai, era come loro. Facevano parte della stessa terra, erano legate al grembo della stessa madre.
    Se lui l'avesse attaccata, sarebbe stata pronta ad attaccare a sua volta.
     
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  4. Lhou
     
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    Chiedo sorry, avevo capito male^^


    Il ragazzo rimase per qualche secondo immobile, osservandola.
    Poi fece qualche lento passo avanti verso di lei, posizionandosi meglio nel fascio di luce proiettato dalla sgangherata lampadina che minacciava di morire e lasciarli nell'oscurità da un momento all'altro.
    Annusò l'aria, mentre si avvicinava, tenendo la mano destra fissa sull'impugnatura di Kurohime, avvertendo chiaramente il profumo di Lena e memorizzandolo senza problemi, ringraziando silenziosamente la sua ancora ignota natura che gli aveva donato un olfatto così fino.

    << Non so cosa sia questo QG, quindi no, non mi hanno mandato da li.>>
    Le rispose, fermando il suo lento avvicinarsi solo quando fu a tre metri circa da lei.
    Avvertiva presenze, in tutta quella scuola abbandonata, vedeva ombre scorrere qua e la dietro Lena e poteva avvertirne scorrere anche alle sue spalle, ma non si fece turbare più di tanto.
    Aveva vissuto decine di anni come cacciatore dell'occulto, di sicuro qualche presenza non l'avrebbe intimorito più di tutte le schifezze che già aveva affrontato.
    Eppure qualcosa, qualcosa in quel luogo o in quella ragazza, gli dava una sensazione strana ed inquietante.
    Non era paura, quella che provava, ne era certo.
    Solo...Inquietudine, come se davanti a lui non si trovasse la normale ragazza che gli era stata descritta e che appariva.
    Oltretutto, qualcosa sembrava cambiato in lei da quando era uscito allo scoperto, aveva abbassato lo sguardo e la sua voce tremante e spaventata era diventata ferma e risoluta, sembrava quasi che improvvisamente fosse una persona diversa, una persona che appariva solo esteticamente come umana.
    Strinse più saldamente la presa su Kurohime, gettandosi una rapida e furtiva occhiata attorno, conoscere un minimo il terreno sarebbe stato di gran vantaggio per uno scontro, scontro che aveva la sensazione non sarebbe stato per niente semplice.

    << Sono qui perchè mi è stato chiesto di riscuotere una taglia sulla tua testa.
    Devo portarti da delle persone e se tu collaborerai, sono pronto a non farti del male e a fare in modo che non te ne sarà fatto.>>

    Le rispose seccamente ma con estrema calma.
    Sapeva che la ragazza non avrebbe accettato, non vedeva anzi come avrebbe potuto, ma era sincero in quanto stava dicendo e, intanto, prendeva l'occasione per prepararsi allo scontro.
    Una delle sfasciate sedie che si trovavano poco oltre le spalle di Lena si sollevò, portandosi pochi metri dietro di lei all'altezza del suo capo, mossa dal potere mentale del mezzo demone, pronto a scagliarla contro la ragazza in qualsiasi momento.
     
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    Lena era stupita, e allo stesso tempo perplessa; tuttavia, non manifestò il suo stato d'animo, se non sgranando un poco gli occhi, anche se Angelus non avrebbe potuto accorgersene.
    -Una taglia...-, ripeté. Mosse qualche passo verso di lui, lentamente. Per una volta, Nowhere era stato dalla sua parte: il pericolo era reale. Ma chi era, allora, Angelus? Non conosceva QG, non conosceva Ricognitori... Che si fosse appena svegliato?
    "E se venisse da un altro mondo?", pensò. In effetti, come potevano essere certi che i Risvegliati provenissero solo dalla Terra? Quell'uomo poteva essere un Risvegliato come lei, e tutti gli altri, ma...
    No... Non era un semplice Risvegliato. Era lì con un'intenzione, e gliel'aveva comunicata chiaramente: nessuno sceglie di risvegliarsi a Nowhere. Giunse alla conclusione che fosse una delle solite creature del Non-mondo: non sarebbe stato il primo umanoide che incontrava.
    Iniziava a percepire lo stato d'animo dell'altro. Non era grazie al suo potere; si trattava di pura percezione. La sua sensibilità si stava accentuando. Sentì qualcosa, dietro di sé... Qualcosa che si muoveva. Ma era troppo concentrata per curarsene.
    Sentiva i corridoi ridere, e ombre strisciare. Ma la sua mente era già altrove. Ormai non era più nel corridoio rosso: lei era il corridoio rosso. Era la St. Mary. Era Nowhere.
    Infine, quando fu vicino ad Angelus, alzò il capo verso di lui, rivelando gli occhi donati dall'Infractus. Occhi che scrutano il cuore di chiunque li guardi direttamente... Condividere una sola mente, un solo cuore.
    -Chi sei, Angelus? Chi sei?-, fece. L'uomo avrebbe sentito quella voce come se gli sussurrasse in un orecchio... Come se gli risuonasse nella testa.
    -Sentirò quello che tu senti... Saprò quello che tu sai-, proseguì, senza mai distogliere lo sguardo dal suo. Poteva vedere un vago barlume di riflesso negli occhi di Angelus: il riflesso dei suoi stessi occhi. Un bagliore viola, tanto intenso da essere incredibilmente innaturale. Si sentiva un'altra persona, quando attivava il suo Infractus... Ancora se ne stupiva.
    Il contatto non era ancora stabilito. Non del tutto. Era una sensazione curiosa: aveva utilizzato quella sua... abilità rare volte, prima d'allora, ma quella sensazione la colpiva sempre: fugace come una cometa, stretto come una morsa. Si sentiva come se stesse abbadonando se stessa, come se lei, Lena, non esistesse più, ma divenisse un vero tutt'uno con Nowhere, e con la creatura con cui si fondeva.
    Si rese conto di trovare difficoltà nell'unione con Angelus. Sapeva che era più difficile usare quel potere con esseri umani, piuttosto che con creature di Nowhere... Lo ricordava. Stava cessando di essere umana... Stava realmente perdendo se stessa.


    My mind with your mind: Quando l'illusione non è ancora attiva, Lena può stabilire un contatto speciale con la sua vittima: non appena gli occhi dell'altro guardano i suoi, lei riesce a collegarsi con la sua mente, il suo cuore, così da percepirne i sentimenti, e, concentrandosi, i ricordi e qualche pensiero attuale. Si tratta di una sorta di fusione, durante la quale lei e l'altra persona sono come un tutt'uno, e Lena può scoprire qualunque cosa le sia utile durante l'illusione. Se questo contatto viene interrotto bruscamente, e contro il volere di Lena, la sua mente può subire grossi danni momentanei, e sarà costretta a disattivare l'Infractus. Il collegamento, come l'illusione, può essere interrotto solo dall'esterno, anche se ci sono possibilità che la vittima, se dovesse riprendersi dallo stato ipnotico causato da Lena, possa liberarsi.
     
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  6. Lhou
     
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    Angelus rimase immobile in attesa, mentre lei faceva qualche passo avanti, mantenendo la levitazione telecinetica della sedia ed estraendo la spada quando lei si avvicinò a più di tre metri da lui.
    Tuttavia, fece appena a tempo ad estrarla, portandola al suo lato destro, il braccio solo leggermente piegato, la punta verso il basso, che subito il suo sguardo fu attratto per qualche ragione dagli occhi della ragazza.
    E quando li incrociò, si bloccò, irrigidendosi leggermente, come paralizzato.
    Sentì lo sguardo di Lena nel suo, sentiva la sua mente penetrata dal bellissimo viola intenso ed innaturale degli occhi della ragazza e l'essenza stessa di Lena entrare nella sua mente, come scavando, dandogli una sensazione non dolorosa, ma fastidiosa.
    Tuttavia, per quanto il suo corpo era bloccato in quella che probabilmente era una paralisi ipnotica, la sua mente era disturbata ma ancora libera.
    Era riuscito a stento a mantenere la sedia a mezz'aria e, mentre percepiva lo sguardo e la mente di Lena penetrare sempre più profondamente in lui, nei suoi ricordi più recenti e più lontani, nel suo guscio più esterno e più intimo, la sua mente lavorò frenetica.
    Era una situazione più che fastidiosa, a dir poco irritante, detestava l'ipnosi e chi leggeva in lui.
    Non che avesse particolari segreti da tenere nascosti, ma perchè il concetto stesso della cosa lo irritava enormemente.
    Si calmo, placando i suoi pensieri e focalizzandosi non sulla ragazza, ma sui pezzi di legno e metallo che assieme formavano la sedia che ancora fluttuava dietro di lei.
    Per una cosa del genere, sicuramente la ragazza doveva mantenere una concentrazione molto profonda.
    Certo, anche lui ne necessitava per il suo potere... Ma doveva farcela se voleva avere qualche speranza.
    La concentrazione, per quanto disturbata, resse.
    Il suo sguardo rimase fisso nello sguardo purpureo della risvegliata, mentre la sua mente vagava poco oltre, sollevando la sua arma improvvisata di nuovo al livello del capo di Lena e, con un ultimo titanico sforzo, dava a quell'oggetto la minima spinta necessaria per scagliarsi sul capo o sulla schiena della sua avversaria.


    << Esci dalla mia testa!>>

    Avrebbe tentato di biascicare scagliando quell'attacco disperato, inconsapevole se fosse riuscito a parlare o meno vista la paralisi.
    Non sapeva quanto Lena intendesse fare, se effettivamente leggendo in lui aveva percepito chiaramente o meno queste sue intenzioni e non sapeva se lei fosse in grado di muoversi durante l'ipnosi, ma non gli importava.
    Doveva liberarsi in qualche modo e, si maledisse per questo, ma tirarle addosso qualcosa era l'unico dannatissimo modo che gli veniva in mente.
     
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    Un ulteriore chiarimento, dato che sono stata molto frettolosa a spiegarti via MP: in questo caso, il legame è reciproco, ovvero Angelus vedrà quello che vede Lena, poiché lei "scava" nella sua mente e nei suoi ricordi. Spero sia tutto chiaro, per il resto^^

    Ma Lena aveva ormai percepito il tentato attacco alle sue spalle; allungò una mano verso Angelus, posandogliela sul volto.

    No. La sua stessa voce le rimbombò tra le orecchie, intenzionata a bloccare il suo presunto nemico prima che la colpisse.

    Legno... Metallo... Con cosa vuoi colpirmi?, mormorò. La visione non era nitida, ma il collegamento era completo: le loro menti erano una cosa sola, e poteva impedire all'uomo di attaccarla. Non riuscì a visualizzare l'oggetto, ma comunicò alla mente del ragazzo di lasciarlo andare: Non devi attaccare Lena. Immaginò l'oggetto cadere in mille pezzi.
    Si concentrava su ciò che percepiva.
    Freddo. Un freddo pungente, aggressivo.
    Bianco. Era tutto bianco. Neve?
    Urla... In lontananza, sentiva qualcuno gridare. Non era una sola persona: erano numerose.
    Urla di dolore, urla strazianti, urla di chi sta morendo.
    Sangue.
    Nessun dolore.
    Sta uccidendo...

    La mano di Lena tremò impercettibilmente, scivolando dal volto di Angelus, ma senza interrompere il contatto. Emozioni, sensazioni... Si sentiva assalita.
    Assassino.
    Era un assassino.

    Una lama che fende l'aria. Freddo. Ancora tanto, troppo freddo.
    Il tempo... Troppo tempo è trascorso.

    Non era ciò che sembrava. Diavolo. Un essere diabolico...
    Omicidio. Avrebbe potuto ucciderla all'istante.
    Pericolo...
    Pericolo!

    Lena spalancò gli occhi, che fino a quel momento erano stati chiusi. Ansimava leggermente: era troppo. Non si sarebbe aspettata di avere davanti qualcuno... Così.
    Iniziò ad interrompere il contatto. In realtà, si accorse che si era interrotto da sé: probabilmente, non era ancora abbastanza padrona di quella... capacità, e non era abbastanza forte per mantenere un legame a lungo e in ogni situazione.
    -Tu... non sei un essere umano, Angelus-, fece, in un sussurro. Era incuriosita, sorpresa, e allarmata: era in pericolo.
    Ma sentiva che stava perdendo un po' di razionalità. Non era spaventata come avrebbe dovuto... Si sentiva più eccitata che impaurita.
    Era l'Infractus. C'era ancora... La stava chiamando.
    E così, senza attendere una reazione, o una risposta da Angelus, piegò le labbra in uno strano sorriso.

    E Angelus non era più in quella scuola. Non era più a Nowhere. Il rosso del corridoio scomparve, per lasciare posto al bianco... Lo stesso bianco che Lena aveva visto nella sua mente.
    Si trovarono in un paesaggio innevato, apparentemente deserto; il bianco si stendeva a perdita d'occhio, e il vento danzava leggero. Ma qualcosa rendeva quell'ambiente innaturale: tutto era fatto di ghiaccio. I radi alberi e ramoscelli, le lontane colline, il piccolo ponte sul torrente, una bellissima cascata... Perfino qualche grande rapace, e un cervo dalle lunghe corna. Tutto era di ghiaccio. O cristallo, ancora di più: tutto brillava, e riluceva.

    Ho sempre voluto incontrare... qualcuno come te.

    Una creatura. Era diversa dalle altre: aveva l'aspetto di una donna, e anch'essa pareva fatta di ghiaccio. Non era umana, ma ne aveva le fattezze. E i suoi occhi, che sembravano intagliati nel cristallo più prezioso, luccicavano di una luce che Angelus aveva già visto.
    Viola.
    Era Lena.

    Dimmi, Angelus... Ti piace questo posto?.

    Uno dei volatili si era posato sul braccio di Lena. Aveva larghe ali, e una lunga coda; gli artigli rassomigliavano stalattiti acuminate.

    L'ho creato pensando a te. È un regalo per te... Ti rende felice?.

    Qualcosa iniziò a scendere dal cielo. Cominciava a nevicare, forse?
    No. Non era neve.
    Piccole gocce rosse macchiarono il candore quasi accecante.
    Sangue. Stava colando dal cielo, leggero come neve, ma doloroso come lame.
    In quel momento, Lena distese il braccio, spingendo il volatile verso Angelus: l'uccello si avventò sul ragazzo, evidentemente con l'intento di ferirlo con i lunghi artigli... Miravano al volto.
    Tormento: Durante l'illusione, se Lena ferisce il nemico, la ferita si ripercuote anche nel mondo reale; l'unico modo per svegliarsi dall'illusione prima del tempo, è ricevere un violentissimo colpo dall'esterno.

    Master of my own illusionary world:
    Quando si trova nella dimensione creata dal suo Infractus, Lena può creare qualunque cosa. Si tratta di un'abilità progressiva, deve imparare a controllarla, ma una volta abituatasi, può creare e diventare qualunque cosa voglia. Può cambiare l'aspetto del mondo circostante, dell'avversario e di se stessa. Ogni mutamento fisico resterà circoscritto al mondo illusorio, ma la sua vittima sarà convinta che tutto quanto sia reale.
    Quando l'Infractus è attivato, però, la vista di Lena nel mondo reale è completamente assente: non vede nulla che non sia la sua vittima (o le sue vittime). Questo stato di cecità persiste finché l'Infractus non viene disattivato.

     
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  8. Lhou
     
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    E la sedia si lasciò andare, crollando a terra ed andando in pezzi.
    Sentiva il legame con Lena diventare sempre più profondo, sempre più intimo.
    E la cosa lo infastidiva enormemente.


    << Maledizione...>>

    Riuscì a biascicare, tentando di trattenere il legame telecinetico con la sedia che ancora tentava, invano, di scagliare contro Lena, ma era troppo forte il suo richiamo; ormai l'ipnosi era andata troppo a fondo a lui fu costretto a lasciar staccare il legame, lasciando che la sedia crollasse al suolo.
    Poi, cominciò a percepire un ondata di sensazioni.
    Erano strane e moltissime, diverse.
    La prima, fu il freddo pungente dell'aria fredda mista a neve che si infrangeva sul suo volto, una lama corte in pugno e le urla dei suoi fratelli attorno.
    Successivamente sentì l'euforia per la missione che stava andando a gonfie vele.
    Ricordava bene quel momento, una missione di... pulizia... A nord dell'Alaska.
    Poi, fu investito da un ondata di malinconia.
    Erano tutti li... Vide i suoi fratelli ancora tutti riuniti, ancora tutti vivi, lottare spalla a spalla ed abbattere i nemici ignari o increduli a fiotte.
    Santo cielo.
    Erano una vera macchina di morte...
    Fu un attimo, come un lampo che gli attraversava la visuale, il corpo ebbe un brivido e si ritrovò di nuovo in quel corridoio di quell'inquietante rosso spento.


    << ...Nemmeno io so cosa diavolo sono...>>

    Disse, facendo un passo indietro per riprendere fiato e sentendo di nuovo la mente sua.
    Dannazione, detestava la gente che usava poteri mentali, non aveva quasi nessun potere su di essi...
    Giusto il tempo di riprendere il fiato e subito si era gettato contro Lena, scattando avanti più velocemente possibile, mirando a colpirla con un affondo di spada.
    Ma la lama di Kurohime fendette unicamente l'aria fredda di una distesa ghiacciata.


    << Maledizione... Smettila!>>

    Urlò, alzando lo sguardo al cielo e poi gettandolo attorno a se.
    Un posto... Incredibile... Bellissimo... Ed al contempo terribile.
    Si trovava in un illusione, ne era conscio... E doveva riuscire a sopravvivervi ed uscirne.


    << No.>>

    Rispose secco alla donna di ghiaccio, portando lo sguardo su di lei e stringendo meglio l'impugnatura della spada.

    << No, non mi piace... Mi ricorda qualcosa di cui non vado fiero, mi ricorda decine di vite che ho spento... Mi ricorda cose per cui sto cercando di redimermi.>>

    Le rispose secco, lo sguardo serio e concentrato, pronto a qualsiasi cosa quella maledetta strega gli avrebbe scagliato contro.
    Sentì qualcosa, battere contro il suo capo, bagnando i suoi capelli e rilucendo di rosso acceso sulla sua giacca, sulla lama della sua katana.
    Sangue... Stava piovendo sangue.
    Che razza di mente perversa ed orribilmente astuta aveva quella ragazza... Un pò lo spaventava.
    Ma giusto solo un pò.
    Continuò a rimanere immobile, ignorando il sangue che imbrattava i suoi capelli ed il suo volto unicamente perchè continuava a comandare alla sua mente di ricordarsi che era un illusione.
    Non intendeva impazzire proprio in quel momento.
    Poi, lei finalmente attaccò.
    Un rapace di ghiaccio, o cristallo gli volò contro, gli artigli spianati, stridendo terribilmente.
    Non si lasciò ne sorprendere ne spaventare.
    Con un rapido balzo, scattò avanti, impugnando a due mani la spada e, abbassandosi, rotolò a terra per schivare gli artigli del rapace, per poi voltarsi con un breve fendente diagonale che colpì la massa dell'animale di ghiaccio, tagliandolo come un coltello tiepido taglia il burro e lasciandolo ad infrangersi al suolo.
    Rialzandosi dalla rotolata, la spada ancora pronta, il mezzo-demone si ri-posizionò di fronte alla ragazza di ghiaccio.


    << Ti diverte tanto questo gioco?>>

    Le chiese, lo sguardo fisso, ogni muscolo e nervo teso, di nuovo pronto allo scontro.
     
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    Le parole di Angelus giunsero dritte a Lena, colpendola. Un lampo di lucidità l'attraversò.

    Redenzione.

    Pentimento.

    Ciò che stava facendo a quell'uomo era profondamente sbagliato...

    Ma la ragione la stava abbandonando.

    Tutto tacque per diverso tempo; il paesaggio sembrava dipinto, da tanto era divenuto immobile e silenzioso, e Lena non proferì parola. I resti dilaniati del volatile di ghiaccio presero, lentamente, a sciogliersi, paradossalmente, come neve al sole. Da essi, spuntarono fili di cristallo sottile, costellati da ciò che ricordava molto dei fiori.
    Erano rossi, a differenza del resto. Rossi, e gocciolavano ciò che dal cielo non scendeva più: gocce rosse e vermiglie, sangue rappreso...

    "Tu... volevi farmi del male...".

    Non avrebbe voluto. Una parte di lei non voleva attaccare più. Non voleva più combattere... Non era giusto.
    Tuttavia... Lei voleva solo difendersi. Solo difendersi...

    Guardò il ragazzo di fronte a sé. L'avrebbe attaccata. L'avrebbe colpita.
    L'avrebbe uccisa.

    "Vattene via...".

    Dai piedi di Angelus iniziò a salire un sottile strato di ghiaccio. Sembrava formasse delle braccia, minuscole braccia intenzionate a braccarlo, a ferirlo.

    "Vattene via... E non tornare più!".

    Il ghiaccio, che era ormai giunto all'altezza del collo dell'uomo, s'incrinò, come vetro, e poi s'infranse. Con esso, anche tutto ciò che era intorno a loro fece lo stesso.
    Il mondo di ghiaccio creato da Lena si stava infrangendo... Stava scomparendo.
    Crepe, crepe ovunque, sul ghiaccio, perfino nel cielo, e poi, su Lena.
    Lena stessa, che lì era fatta di ghiaccio, si stava spezzando. Fissava Angelus, con gli occhi che si facevano meno intensi man mano che le crepe divenivano più profonde.
    Poi, ci fu un'esplosione. Rumore di vetro che va in frantumi, frammenti di cristallo e di neve.
    Poi, bianco. Di nuovo tutto completamente bianco.
    Infine, più niente.

    Erano tornati nel corridoio. Il rosso della lampada riapparse, tenue, sfiorando entrambi.
    Ci volle qualche minuto perché tutto tornasse alla normalità. Quando anche l'ultimo frammento di gelo lasciò quel lugubre edificio, svelò la figura di Lena brandire un coltello.
    Lo stava puntando alla gola di Angelus.
    -Vattene, Angelus-, sussurrò, quasi priva di voce. -Non c'è niente per te, qui-.
    Gli occhi di Lena erano tornati del loro colore originario. Niente più viola, niente più illusioni; solo lei che lottava con le ultime forze rimaste per la sua salvezza.
     
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