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Quantin P..
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Io, alla fine, non dovevo realmente pisciare.
Io voleva solo allontanarmi perché la macchina vomitava fumo e me lo sentivo nell'intestino che era stata un'idea di merda.
Apro gli occhi, e sembra come sollevare qualcosa il doppio del tuo peso.
Buio. C'è il nero che mi ingoia, c'è l'oscurità che mi assale.
C'è qualche rumore, ma è del buio su cui, principalmente.
Qualcuno, quando ero piccolo, mi aveva detto di stare attento alla luce del sole, e non della luna. Perchè ce lo si aspetta che al buio qualcuno ci possa fare del male, è alla luce del giorno che ti colgono di sorpresa.
Sono sdraiato. Lo so perchè lo sento a contatto con la schiena. Lo so perchè non mi sento pesante.
Penso ai miei fratelli, e quasi come se Iddio volesse dirmi qualcosa, sento dei gemiti di persone.
Sento qualcuno che soffre, o che sta dormendo. Cerco di alzarmi. Cerco di ritrovare i miei fratello.
Non riesco a muovere nemmeno le dita. Di solito, nei film, le dita dello sfigato di turno si riescono a muove, a me non hanno concesso nemmeno quello.
Comincio a pregare nel Dio in cui non credo. Gli prometto di non cedere più nei vizi della carne. Di non farmi più le seghe.
Di non fare più del male a nessuno.
Lo prego che non mi capiti nulla di orribile. Nulla di doloroso.
Come ci sono finito non lo so.
Non voglio morire solo e non voglio morire qui.
Non voglio più ascoltare nessun rumore, non voglio sentire lamenti o pianti.
Comincio a respirare velocemente, come in tachicardia, e sento dei campanelli. Non come quelli che appendono al collo delle mucche. Come quelli delle renne di babbo natale.
Campanellini, che suonano. Se suonano nel mio cervello, o a kilometri da me, questo, ancora, non so dirlo.
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